Sentenza n.10451 pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Campania sez. staccata di Salerno n.12, sull’Appello per ottemperanza RGA n.6085/2017 depositato il 15/06/2017.Presidente e Relatore Dott. Oricchio Michele- Giudice Giuseppe D’Agostino- Giudice Alessandro D’Ancona
Commento a cura di Giulia D’Andrea
- Sull’ottemperanza delle sentenze favorevoli al contribuente non definitive.
La Sentenza qui annotata, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale Campania sez. distaccata di Salerno n.12, rappresenta un’ “eccezionale ipotesi di applicazione della procedura per ottemperanza a sentenze non definitive” , questa l’espressione usata, nella parte motiva, dallo stesso Presidente della Commissione Tributaria Regionale Dr. Michele Oricchio ; infatti nella sentenza in commento i Giudici di seconde cure , accogliendo il ricorso proposto dalla società ricorrente, dispongono che sia data ottemperanza alla sentenza n.9840/2015 pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale sez.12 gravata da ricorso per Cassazione.
Il Collegio Giudicante interpreta ed applica dunque eccellentemente l’evoluzione normativa che ha interessato la fattispecie giuridica relativa all’esecutorietà e all’ottemperanza delle sentenze tributarie recentemente introdotta dal D.Lgs.156/2015 che riscrive gli artt.68,69 e 70 del D.Lgs.546/92 oltre ad inserire il novellato art.67 bis ed abrogare l’art.69-bis.
Fa proprie, inoltre, le linee guida dettate in materia dalla più recente Giurisprudenza, in ossequio della quale si afferma il principio secondo cui “qualora intervenga una sentenza anche se non passata in giudicato, del giudice tributario che annulla, in tutto o in parte, l’atto impositivo, l’ente impositore ha l’obbligo di agire in conformità alla statuizione giudiziale, sia nel caso in cui l’iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio e , eventualmente, di rimborso dell’eccedenza versata” ( Sentenza Cassazione SS.UU. n.758 depositata il 13 gennaio 2017).
La stesura della sentenza de qua non solo riflette in maniera giuridicamente ineccepibile i dettami del legislatore ma fa trasparire in maniera cristallina lo spirito innovativo della disciplina stessa ben interpretando il significato che le ha inteso infondere il legislatore delegato , ovvero di protezione della parte privata rispetto a quella pubblica, fornendo al contribuente uno strumento di tutela in precedenza non riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico.
Ci si riferisce all’immediata efficacia esecutiva delle sentenze tributarie anche se non passate in giudicato che, in precedenza era riconosciuta solo alle sentenze in cui il contribuente risultava soccombente, equiparandole in sostanza, sotto questo aspetto, a quelle adottate nel giudizio civile, nel cui ambito tale principio trova applicazione oramai pacifica ai sensi dell’art.282 c.p.c..
A tal guisa si è inteso conferire la stessa efficacia alle sentenze tributarie rispetto a quelle emesse da altre giurisdizioni conferendo pertanto maggiore dignità all’operato dei giudici tributari , appare infatti evidente come un aspetto dell’innovata disciplina, oltre ad essere uno strumento di tutela per il contribuente, sia quello di esprimere una manifestazione di fiducia e di rispetto dello Stato Italiano nei confronti dei giudici Tributari conferendo alle sentenze da loro emesse la stessa efficacia delle sentenze emesse in ambito civile ed amministrativo.
Il casus belli per cui si adisce il Collegio giudicante di secondo grado trae origine dalla “notifica di un Avviso di intimazione con il quale Equitalia Sud aveva chiesto alla società ricorrente il pagamento delle somme ritenute costituire debito tributario rinveniente dalla sottostante Cartella di pagamento per l’importo complessivo di euro 1.141.323,97”; a seguito dell’impugnativa dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i giudici di primo grado dichiarano inammissibile il gravame respingendo il ricorso con la sentenza n.234/12/2013, pertanto il contribuente inizia a pagare quanto in quella sede ritenuto dovuto per un ammontare di euro 99.268,90, giusta richiesta nella cartella di pagamento;dovendo giudicare l’appello proposto dalla società soccombente in primo grado, i giudici di secondo grado, ribaltando il risultato, emettono la Sentenza n.9840/2015 : pur ritenuto infatti correttamente posto in essere l’Accertamento dell’Ufficio in ordine alla pretesa tributaria , viene considerata manifestamente nulla la notifica della cartella impugnata a causa del mancato deposito della cartolina verde attestante l‘invio della raccomandata con ricevuta di ritorno ,viene disposto pertanto l’annullamento dell’ atto non validamente notificato ; Equitalia Sud spa (ora Agente della riscossione) propone avverso tale sentenza ricorso per Cassazione.
Orbene in tale contesto, stante le prefigurate condizioni di fatto e di diritto, la società vittoriosa in secondo grado, inoppugnabilmente ha diritto al rimborso delle somme indebitamente versate a seguito del giudizio di primo grado a sé sfavorevole, esercita quindi tale insindacabile diritto esperendo il Giudizio di ottemperanza così come disciplinato dall’art.70 del D.Lgs. 546/1992, attivabile decorso il termine indicato nell’art.68 al comma 2 “novanta giorni dalla notificazione della sentenza”.
Preliminarmente risulta necessario evidenziare come da un prima disamina delle norme contenute nel D.Lgs546/92, inerenti l’esecuzione delle sentenze tributarie, sia utile operare una distinzione delle diverse previsioni legislative, ciò al fine di delimitare il perimetro normativo della sentenza in commento, al tal fine individuiamo:
- nell’art.68 , l’esecuzione delle sentenze costitutive di annullamento;
- nell’art.69, l’esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente al pagamento di somme e di esecuzione delle sentenze emesse su ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art.2 del D.Lgs 546/92;
- nell’art.70 lo strumento che si pone a servizio sia delle inesecuzioni della sentenza di cui al secondo comma dell’art.68, sia delle ipotesi legislative individuate dall’art.69.(Consolo, Glendi “Commentario breve alle leggi del processo tributario).
Ciò premesso occorre a questo punto, per una migliore comprensione del percorso logico giuridico che ha portato i Giudici di seconde cure ad esprimersi in senso favorevole all’ ottemperanza della sentenza n.9840/2015 , analizzare il dettato normativo dell’art.68 comma 2 D.Lgs 546/92, che indiscutibilmente si applica al caso di specie, così come modificato dall’art.9 del D.Lgs.156/2015, ma prima ancora, per completezza di trattazione, occorrerebbe analizzare la portata normativa dell’articolo testé richiamato nella sua formulazione ante riforma: l’art.68del D.Lgs 546/92 rubricato “Pagamento del tributo in pendenza del processo” nella sua formulazione primigenia appare emblematico del rapporto non paritario che nel diritto tributario intercorre tra la parte privata e quella pubblica, infatti se è vero che al primo comma si attribuisce facoltà alla Pubblica Amministrazione di iscrivere a ruolo , seppure in forma graduale, secondo le scansioni dettate nel testo della norma, i tributi oggetto di sentenze a sé favorevoli ancorché non definitive , la stessa tutela non veniva fornita al contribuente che fosse risultato vittorioso in un grado del giudizio.
In sostanza in un mondo giuridico caratterizzato dalla possibilità di iscrizioni a ruolo sulla base di sentenze non definitive e in applicazione del tanto censurato principio del solve et repete (Fondazione Nazionale dei Commercialisti “Documento del 15/01/2017), le sentenze tributarie erano immediatamente esecutive ma solo se favorevoli al fisco, il contribuente invece pur avendo avuto ragione (magari anche nei primi due gradi di giudizio) doveva attendere il passaggio in giudicato della sentenza per poter richiedere il rimborso delle somme non dovute.
Invero nel secondo comma dell’articolo testé richiamato, nella sua formulazione ante riforma, si legge: “se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito nella sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza”.
Un primo elemento da prendere in considerazione nella lettura di tale norma è la pecularietà dell’azione di rimborso a cui si fa riferimento, in tale ipotesi infatti il diritto al rimborso non è una conseguenza del dispositivo della sentenza ma è una sua conseguenza legale ,il diritto nasce ab externo (Consolo Glendi in Il commentario breve alle leggi del Processo Tributario) rispetto al contenuto della sentenza non occorrendo che il comando sia contenuto al suo interno, da ciò ne discende che la sentenza in questo caso ha per oggetto un diritto esterno e strumentale rispetto al suo oggetto stesso, tale diritto costituisce sic et simpliciter l’effetto che consegue per legge alla pronuncia, pertanto non può essere legato alla definitività o meno della sentenza medesima, in sostanza trattasi di una situazione dalla quale scaturisce ex se, per effetto legale, il diritto alla restituzione ed al ripristino di ciò che il contribuente sia stato privato in base ad un titolo poi caducato; il concetto traspare in materia cristallina ad un attento lettore della sentenza in commento, infatti appare evidente come attraverso la sentenza n.9840/15 di cui si chiede l’ottemperanza si annulli il titolo oggetto di pretesa debitoria per vizi formali (la notifica della cartella appare nulla), da ciò ne discende la nascita del diritto al rimborso delle somme medio tempore versate dal contribuente e conseguentemente l’obbligo da parte dell’Ente impositore ad annullare il ruolo (e non già a sospenderlo, come ha fatto nel caso di specie l’ente) e parimenti l’obbligo al rimborso delle medesime somme da parte dell’Agente della Riscossione, e non occorre che ne’ il primo né il secondo siano precipuamente citati nella sentenza medesima, appare evidente, quindi, come essi prescindano dalla definitività della stessa!
In contrapposizione e con un significato diametralmente opposto, per completezza di trattazione, osserviamo invece i tratti salienti dell’“azione di rimborso autonoma” in cui il diritto stesso è dichiarato in un giudizio che ha ad oggetto la conditio indebiti e come risultato l’accertamento della debenza o meno delle somme versate (Glendi, Consolo).
Ciò premesso risulta evidente come fosse già disciplinato (anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs.156/2015) l’obbligo da parte della Pubblica Amministrazione alla restituzione di quanto indebitamente percepito, ricordiamo infatti che sul punto si è espressa la stessa Agenzia delle Entrate , dapprima con la Risoluzione n.46/E del 10/04/2000 avente ad oggetto “Il rimborso di somme pagate a seguito di iscrizioni a ruolo annullate dalle Commissioni Tributarie”, nella quale statuisce la sussistenza dell’obbligo al rimborso da parte degli Uffici finanziari senza la necessità della preventiva notifica della sentenza, e successivamente con la Circolare n. 49/E del 01/10/2010 nella quale raccomanda agli Uffici finanziari di dare tempestiva esecuzione ai rimborsi dovuti in caso di sussistenza della previsione di cui all’art.68 comma 2, invero raccomanda gli Uffici a procedere ai rimborsi in via immediata e senza attendere alcuna richiesta o sollecitazione da parte del contribuente , in materia si è espressa anche la Corte di Cassazione con la sentenza n.20526/2006 stabilendo principio equivalente a quello statuito dall’interpretazione letterale dell’art.68 comma 2 come sopra evidenziato; ma allora cosa non funzionava…?
Ebbene, in tale quadro di riferimento risulta altrettanto chiaro come il contribuente risultasse sfornito del “rimedio” giuridico coercitivo da utilizzare di fronte all’inerzia dell’Amministrazione finanziaria che avesse omesso di eseguire in suo favore il rimborso di somme medio tempore riscosse, soprattutto in considerazione del fatto che la stessa Amministrazione prima dell’intervenuta rinnovata disciplina era solita tenere poco conto di questa indicazione legislativa tanto che nel tempo lo strumento legislativo a cui il contribuente poteva far riferimento era diventata una “lancia senza punta” (SINANTE, COLUCCI L’esecuzione delle sentenze delle Commissioni Tributarie nei confronti della P.A.02,128), probabilmente perché la disposizione di cui alla primitiva formulazione del secondo comma dell’art.68 veniva letta in maniera coordinata all’art.69 che subordinava ( nel testo anteriore alla riforma del 2015) l’esecutorietà della sentenza in danno all’amministrazione finanziaria al suo passaggio in giudicato così come anche nella norma che disciplina il giudizio di ottemperanza (l’art.70 del D.Lgs.546/92) si subordinava la possibilità di esperire tale azione alla sussistenza di sentenze “passate in giudicato”, apertis verbis il contribuente , in caso di inerzia dell’Amministrazione poteva solo rassegnarsi sperando nella grazia dell’Amministrazione (Consolo, R.Dir. Trib.91,I,34; Moschetti Il nuovo processo tributario: una riforma incompiuta, in Il nuovo processo tributario a cura di Tosi-Viotto,99,12) oppure sollecitare il rimborso presentando un’istanza in via amministrativa ed eventualmente impugnare il silenzio rifiuto da parte dell’Amministrazione , con risultati non sempre apprezzabili!
Orbene, in tale contesto interviene opportunamente il Legislatore delegato che nella nuova formulazione del secondo comma dell’art.68 attribuisce al contribuente ,che non si veda restituire quanto indebitamente versato, il potere di instaurare il giudizio di ottemperanza di cui al successivo art. 70 del D.Lgs 546/92, “in caso di mancata esecuzione del rimborso il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma dell’art.70 alla Commissione Tributaria Provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla Commissione Tributaria Regionale”.
In definitiva il secondo comma dell’art.68 testé richiamato, così come ampliato, contribuisce a bilanciare la previsione di cui al primo comma dello stesso articolo palesemente formulata in senso favorevole al Fisco , ponendo sullo stesso piano le due parti del processo nel rispetto di quanto statuito dall’ art.111 della nostra Carta Costituzionale.
Altro aspetto che la riforma del 2015 chiarisce è quello relativo alla competenza della Commissione Tributaria in ordine al giudizio sull’ottemperanza, sul punto la norma ante riforma prestava il fianco a più di una censura, infatti nel testo dell’art. 68 comma 2 così come era formulato prima dell’entrata in vigore del D.lgs156/2015 si leggeva il riferimento alla sola commissione tributaria provinciale, talché da una lettura acritica della norma si giungeva alla conclusione che il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla Commissione poteva essere chiesto in rimborso solo se la sentenza era stata emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale, tale interpretazione non è stata mai condivisa dalla più autorevole dottrina e giurisprudenza, infatti risultava inspiegabile la circostanza secondo cui si riconosceva maggiore forza esecutiva alle sentenze emesse dalla commissione provinciale (ossia del giudice di grado inferiore) rispetto a quelle emesse dalla Commissione Regionale; a chiarire la non proprio felice formulazione utilizzata dal legislatore ante riforma interviene la riforma del 2015 stabilendo, nell’instaurazione del Giudizio di ottemperanza, “…la competenza della Commissione Tributaria Provinciale, a meno che il giudizio non penda nei gradi superiori”, pertanto senza alcun dubbio la parte ricorrente del caso de quo correttamente adisce la Commissione Tributaria regionale data la inconfutabile circostanza della pendenza del ricorso in cassazione presentato dalla Equitalia Sud spa (ora Agente della Riscossione).
2.Efficacia intertemporale della normativa
In aggiunta non si può sottacere , anche se disposizione che attiene precipuamente alle previsioni di cui all’art.69 del D.Lgs 546/92, e quindi al di fuori del perimetro applicativo della sentenza in commento , la circostanza secondo cui le disposizioni introdotte dalla novella del 2015 sono applicabili dal 1°gennaio 2016, mentre gli artt.67 bis, 69 e 70 spiegano efficacia a partire dal 1° Giugno 2016, ovvero alla data, se successiva, dell’approvazione del Decreto ministeriale atto a disciplinare il contenuto della garanzia per il pagamento di somme, ciò secondo il disposto dell’ art.12 D.Lgs 156/2015; ci si riferisce alla disposizione secondo cui , a mente dell’art.69 comma 2, il Giudice può subordinare il pagamento della Pubblica Amministrazione per importi superiori ai 10.000, diversi dalle spese di lite, alla prestazione di una idonea garanzia da parte del contribuente, la cui disciplina e regolamentazione doveva essere normata dal un D.M. Attuativo emesso dal Ministero dell’ Economia e Finanza.
Detto provvedimento è stato emanato il 6 Febbraio 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.60 del 13 Marzo 2017, si tratta, in definitiva della realizzazione completa della riforma attuata con il D.Lgsn.153/015 il cui ultimo tassello mancante era da rinvenirsi nel D.M. testé richiamato e a cui il Legislatore subordinava l’entrata in vigore dell’intero art.69 rubricato “Esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente” ;
A questo punto è lecito chiedersi come atteggiarsi nei confronti delle sentenze depositate prima della data di entrata in vigore del d.m. testé richiamato, numerosi dubbi sorgono : la norma si applica solo alle sentenze depositate successivamente all’entrata in vigore di tale provvedimento? Il procastinare nel tempo l’attuazione della novità legislativa si applica a tutte le sentenze o solo a quelle che prevedono il rilascio della garanzia? Ed ancora ci si può chiedere se la posticipazione dell’entrata in vigore dei nuovi principi riguardi solo l’art.69 (nel quale la disposizione è esplicitamente richiamata) e quindi riferito solo alle azioni di rimborso in forza di sentenze di condanna in favore del contribuente ancorché non definitive, oppure riguarda anche le previsioni di cui all’art. 68 comma 2 e quindi ricadenti anche nel perimetro applicativo della sentenza in commento?
A contribuire a rendere ancora meno terso il quadro di riferimento è sicuramente la Circolare n.38/E/ 2015 emessa dall’agenzia dell’ Entrate nella quale si subordina l’entrata in vigore della novella disciplina all’entrata in vigore del dm attuativo stabilendo che nelle more venga applicata la disciplina previgente.
Orbene pur volendo tralasciare i dubbi di legittimità costituzionale della normativa in oggetto almeno per il fatto che si subordina alla volontà della parte pubblica del processo i tempi e le modalità di una disciplina posta a tutela della parte privata (Commissione Tributaria di Venezia 20/06/2016 n.316/3/2016), la posizione dell’Agenzia delle Entrate appare sotto diversi aspetti censurabile, se non altro per il motivo secondo cui subordinare l’efficacia della norma al regolamento del MEF significa in sostanza attribuirgli il potere di decidere se e quando entrerà in vigore una norma ovvero attribuire al potere esecutivo una prerogativa del potere legislativo (Corriere Tributario 23/2017) la questione è stata lungamente dibattuta in dottrina anche se il D.M. attuativo non ha avuto invero tempi biblici avendo trovato la pubblicazione in G.U. il 13/03/2017, (ricordiamo che in altri casi in cui le disposizione normative erano subordinate all’approvazione di un Decreto attuativo (art.8 Statuto del contribuente) siamo ancora in attesa dopo circa 18 anni dell’emanazione di detto provvedimento con il risultato che la portata innovativa della norma è stata vanificata dall’inerzia della Pubblica Amministrazione).
Il Collegio Giudicante del caso de quo, dovendo statuire circa l’ottemperanza di una sentenza, la n.9840/2015,depositata il 10/11/2015 e quindi non solo prima dell’entrata in vigore del dm attuativo di cui all’art. 69 comma 2 ,ma addirittura prima ancora dell’entrata in vigore del del D. LGS 156/2015 (la cui legge di conversione n.187 del 20/11/2015 è stata pubblicata nella G.U. Del 27/11/2015), nella motivazione della sentenza in commento risolve in maniera ineccepibile ed assolutamente condivisibile i possibili dubbi riguardanti l’efficacia intertemporale di questa nuova disposizione, attribuendogli la natura di “norma processuale”, che trova quindi immediata applicazione ai giudizi anche se riferiti a sentenze emesse prima della novella legislativa.
In definitiva da una lettura piana della normativa sembra che essa trovi il suo alveo di riferimento nel principio di diritto processuale “tempus regit actum” cioè quello in virtù del quale l’atto processuale è soggetto alla disciplina vigente al momento in cui viene compiuto, sebbene successiva all’introduzione del giudizio, la nuova norma si applica pertanto subito ai processi in corso in caso di successione di leggi; naturalmente tale principio viene applicato alle sole regole che modificano la procedura e non a quelle sostanziali (che regolano i diritti) per le quali la modifica normativa non inciderebbe sui rapporti sorti prima della modifica della normativa stessa.
La sentenza in commento, che si contraddistingue per chiarezza e precisione , rappresenta la conferma della circostanza secondo cui risulterebbe sicuramente più agevole il compito dei Giudici Tributari deputati al ruolo di “ vigilanti ” del sistema normativo tributario, se parimenti l’impianto normativo di riferimento fosse improntato a canoni di chiarezza e correttezza.
3.CONCLUSIONI
Riforma ma non troppo….
In definitiva, seppur venga accolta con favore da parte degli operatori del settore la riforma introdotta con il D.Lgs156/2015, non si può non evidenziare come le innovazioni introdotte non abbiano dato completa attuazione alla delega , infatti se l’intento del Legislatore era quello di dotare di efficacia esecutiva tutte le sentenze delle commissioni tributarie osserviamo come per alcune tipologie di sentenze ciò, secondo la prassi recente , non accade, “non sono infatti interessate dall’innovazione testé richiamata le Sentenze di condanna al pagamento di somme a favore del contribuente per ciò che riguarda le ipotesi in cui le somme indicate in sentenza siano costituite da risorse proprie tradizionali ovvero da IVA riscossa all’importazione” , (così l’Agenzia delle Dogane nella sua nota n.31568 del 24 marzo 2017). In tali circostanze non opera il principio dell’immediata esecutività delle sentenze, pertanto il rimborso può avvenire solo in presenza di sentenze passate in giudicato oppure con il rilascio di apposita garanzia che potrà essere svincolata solo all’esito favorevole del giudizio, in materia bisogna infatti far riferimento alle norme di matrice unionale. Inoltre sembra che le nuove disposizioni non si debbano applicare neanche alle pronunce non aventi contenuto patrimoniale (relative al riconoscimento della qualifica di ONLUS), oppure quelle che disconoscono delle agevolazioni.
Sul punto riscontriamo infatti come formalmente nell’art.70 del D.Lgs 546/92 il Legislatore non elimina il riferimento alle sentenze passate in giudicato quasi a voler precisare che appunto , nel panorama delle sentenze tributarie, ne permangono alcune che non soggiacciono all’intervenuta riforma.
Non a caso si evidenzia come nella lettura dell’art.67 bis rubricato “L’esecuzione delle sentenze delle commissioni tributare” il riferimento alle sentenze è plurale quasi a voler sottolineare l’aspetto secondo cui le sentenze pronunciate dalle commissioni tributarie possono avere tratti distintivi diversi le une dalle altre, così come sono differentemente disciplinate dal Legislatore le sentenze di annullamento , di cui all’art.68, rispetto alle sentenze di condanna al pagamento di somme a favore del contribuente o sentenze emesse su ricorso avverso gli atti relativi ad operazioni catastali di cui al successivo art.69.
Ulteriore riflessione sovviene dalla littera legis dell’ art.67 bis nel quale si legge: “ Le sentenze emesse dalle Commissione Tributarie sono esecutive” ma si aggiunge subito dopo: “secondo quanto previsto dal presente capo”, introducendo quindi, sin da subito, un temperamento, una limitazione, al principio generale della esecutività delle sentenze tributarie introdotto dalla novella disciplina.
Infine, non si può non evidenziare come la portata garantista della novella disciplina sia stata stemperata dalla previsione secondo cui viene di fatto inibita la possibilità al contribuente di ricorrere alle norme di procedura civile sull’esecuzione forzata in via concorrente e cumulativa con il giudizio di ottemperanza, che di fatto quindi ad oggi rimane l’unico strumento utilizzabile; è innegabile che tale previsione risulti essere in contrasto con il substrato ideologico della Legge delega che non si può non ricercare nella ricerca di “strumenti volti a rafforzare la tutela giurisdizionale del Contribuente”.
Più in generale nell’ordinamento tributario vigente permangono zone d’ombra nelle quali le parti in giudizio non sono trattate in maniera paritaria, ciò almeno dal punto di vista della parità di armi tra la parte privata e quella pubblica; sono ancora presenti infatti numerose norme palesemente sbilanciate a favore dell’Amministrazione finanziaria e per le quali è stata chiesta pronuncia ai Giudici dei Giudici, una fra tutte l’art.23 D.Lgs.546/92 comma 3, a mente del quale si consente alla parte resistente di costituirsi in giudizio anche oltre il termine di sessanta giorni assegnato dalla norma, senza la previsione di decadenza a differenza di quanto previsto nei confronti della parte ricorrente.(Marcella Martis in “La rinnovata disciplina del giudizio di ottemperanza non dipana tutti i dubi ermeneutici in ordine all’esecuzione delle sentenze tributarie).
Auspichiamo pertanto che il Legislatore continui nella scia già delineata con la riforma del 2015 affinché, a mente dell’art.111 della Costituzione, il sistema tributario Italiano risulti davvero informato ai corollari del principio del “giusto processo”: di rispetto del contraddittorio e di parità delle parti dinanzi ad un Giudice terzo.
Giulia D’Andrea
OTTEMPERANZA DELLE PRONUNCE TRIBUTARIE NON DEFINITIVE: CONDIZIONI
Commissione tributaria regionale Napoli, Sez. Staccata di Salerno, Sez.XII, 11 DICEMBRE 2017, N.10451.
Pres. Oricchio- Rel. D’Agostino
Svolgimento del processo
Con ricorso inviato telematicamente in data 15.6.2017, la P.A. e T. s.p. a. adiva questa Commissione tributaria regionale per quivi sentire disporre l’ottemperanza della sentenza n.9840/2015 emessa da questo Giudice.
In particolare la ricorrente evidenziava in atti come, con detta sentenza, fosse stato accolto l’appello dalla stessa proposto avverso la decisione della c.t. p. di Salerno n.234/2013 e conseguentemente annullata la cartella di pagamento n.1002009XXX (oggetto del giudizio de quo).
Evidenziava che, dopo la sentenza di primo grado, aveva iniziato a pagare ratealmente quanto in quella sede ritenuto dovuto per un ammontare di €99.268,90, giusta richiesta contenuta nella cartella di pagamento testè richiamata.
Precisava che, a seguito della integrale riforma di tale decisione, aveva presentato in data 30 giugno 2016 apposito atto di messa in mora sia all’Agenzia delle Entrate che all’Agente della riscossione per ottenere la restituzione degli importi corrisposti nelle more del giudizio di appello pari, appunto, ad € 99.286,90.
Il giudizio di merito era stato invero proposto avverso un avviso di intimazione con il quale Equitalia Sud aveva chiesto alla Società qui ricorrente il pagamento delle somme ritenute costituire debito tributario rinvenente dalla sottostante richiamata cartella di pagamento per l’importo complessivo di € 1.141.323,97.
A seguito della sentenza della CTP n.234/12/2013 – che aveva dichiarato inammissibile il gravame – la Società aveva infatti proposto appello, deciso dalla CTR con la sentenza n.9840/12/2015 (di cui si chiede l’ottemperanza), la quale lo aveva genericamente accolto.
Nella motivazione della stessa è dato leggere “E’ bene precisare, nel merito, che l’oggetto dell’impugnazione non è il recupero delle somme per un credito di imposta non dovuto, quanto la mancata indicazione nel quadro RU corrispondente del residuo credito derivato dall’anno precedente, circostanza, del resto, mai contestata dal ricorrente. Per tale motivo, almeno formalmente, l’accertamento dell’Ufficio risulta correttamente posto in essere…Quanto alla conoscenza del terzo della cartella, si deve in ogni caso constatare l’imperfetta procedura di notifica della stessa, a causa del mancato deposito della cartolina verde attestante l’invio della raccomandata della ricevuta di ritorno”, concludendo poi per l’accoglimento dell’appello di parte.
La sentenza appena citata risulta incontestata mente essere stata gravata da ricorso per Cassazione da Equitalia SPA.
La Società chiede ora, con il presente giudizio “l’ottemperanza a norma dell’art. 70 “del D. LGS. 546/1992 della citata sentenza della CTR.
Instauratosi il contraddittorio si costituiva in giudizio la sola Agenzia delle Entrate che impugnava l’avverso dedotto eccependo, in particolare, l’inammissibilità del gravame non essendo divenuta cosa giudicata la sentenza di cui si chiedeva l’ottemperanza, precisando – altresì – di avere comunque risposto la sospensione della riscossione del residuo ritenuto dovuto.
Veniva quindi fissata una prima camera di consiglio al cui esito veniva emessa ordinanza istruttoria, eseguita la quale, la controversia veniva riportata all’attenzione di questo Giudice che, sentite le parti, decideva come di seguito.
Motivi della decisione
Rileva questa Commissione che sussistono tutti i presupposti di legge per potersi procedere all’emanazione dei provvedimenti necessari per garantire l’ottemperanza della decisone n.9840/2015 a seguito dell’intervenuto recente ampliamento del perimetro di operatività del giudizio di ottemperanza.
Infatti, in punto di diritto, si rileva che l’esperita azione deve ritenersi ammissibile nonostante non riguardi una sentenza passata in giudicato: in questa sede deve trovare applicazione il disposto di cui all’ art. 68, secondo comma del D. Lgs. n. 546/1992 che, nella versione modificata dall’art. n. 9 del D. Lgs. N. 156/2015, testualmente dispone “Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalla legge fiscale, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza. In caso di mancata esecuzione del rimborso il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma dell’art. 70 alla commissione tributaria provinciale ovvero, se il giudizio è tendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale”.
Dalla piana lettura di tale disposizione si evince che trattasi : a) di norma processuale e, quindi, di immediata applicazione ai giudizi anche se riferiti a sentenze emesse prima della novella legislativa; b) di eccezionale ipotesi di applicazione della procedura “ per ottemperanza” a sentenze non definitive; c) di procedura ammissibile in presenza di versamenti di imposte eccedenti quanto ritenuto dovuto in fase a sentenza del giudice tributario in primo grado o nei gradi successivi.
Nel caso di specie tali requisiti ricorrono in quanto è incontestato che la “P.A. e T. s. p.a. “aveva iniziato a pagare all’Erario la somma di € 99.268,90 a seguito di una cartella di pagamento (rateizzata) emessa in conseguenza di sentenza di primo grado ad essa sfavorevole, totalmente riformata in grado d’appello con sentenza n. 9840/2015.
A seguito di tale decisione viene ad essere annullata la richiesta di pagamento in base alla quale sono stati effettuati i versamenti tributari di cui si chiede il rimborso e, pertanto, può trovare applicazione il disposto di cui al secondo comma dell’art. 68 del D. lgs. n. 546/1992 con l’attivazione della notifica della sentenza de quo e del successivo atto di messa in mora da parte dell’interessato.
Dunque, nel concorso dei richiamati presupposti di fatto e di diritto, questa Commissione – a seguito anche dell’acquisizione di documentazione utile e pertinente – può ritenere provato tanto il versamento di € 99.268,90 da parte del contribuente, divenuto indirettamente indebito a seguito della sentenza di questa C.T.R. n. 9840/2015 (provvisoriamente esecutiva ai sensi di legge), che la rituale formale richiesta di restituzione di detta somma con atto di messa in mora risultato inevaso.
Ne deriva che va riconosciuto il diritto della società ricorrente alla restituzione di detta somma, ascrivibile alla categoria del “ tributo pagato in eccedenza” di cui all’art. 68 citato, almeno fino a pronuncia della Suprema Corte, e detto comando non può che riguardare sia l’Agenzia delle Entrate che l’ex Equitalia riscossione in quanto entrambe parti del giudizio di merito la cui decisione di secondo grado ha consentito l’avvio della presente procedura, tanto anche in adesione all’orientamento del legislatore palesatosi con le modifiche introdotte con il D. Lgs. n. 156/2015 nonché della più recente giurisprudenza: cfr. Cass. SS. UU. 13.1.2017 n. 758.
Del resto se è pur vero che la materiale restituzione di quanto versato dovrà essere curata dall’attuale Agenzia delle Entrate-Riscossione è vero anche che è compito dell’ente impositore annullare il ruolo e conseguentemente la cartella di pagamento da cui è scaturito quello che ad oggi, e salva diversa decisione in “merito” della Cassazione, deve considerarsi un versamento indebito di somme a titolo tributario (seppure quali recupero di credito d’imposta) in pendenza di giudizio. Del resto il comportamento anche processuale degli enti evocati in giudizio evidenzia l’insussistenza di ostacoli giuridici da opporre all’accoglimento dell’istanza in quanto da un lato l’ex agente della riscossione non si è costituito nel presente giudizio e, dall’altro, la stessa Agenzia delle Entrate ha riconosciuto di avere provveduto in merito con un provvedimento di “sospensione” ( della riscossione delle ulteriori rate) ma detto atto non è stato ritenuto satisfattivo dalla contribuente che in base alla normativa richiamata e alla decisione dei giudici tributari fin qui emesse in “ subiecta materia” ha diritto anche alla restituzione di quanto precedentemente versato in virtù della cartella di pagamento n. 1002009XXX .
Conseguenza logica di quanto fin qui detto è che questa Commissione, in accoglimento del ricorso in ottemperanza proposto, dispone il rimborso alla “P. A. e T. s.p. a. “della somma di € 99.268,90 da parte dell’ex Agente della riscossione previo effettivo sgravio del relativo ruolo da parte dell’Agenzia delle Entrate di Salerno.
Concede termine per provvedere ai disposti adempimenti fino al 31.3.2018 elasso inutilmente il quale nomina sin d’ora Commissario ad Acta per curare i disposti adempimenti il direttore p. t. dell’Agenzia delle Entrate di Salerno che dovrà provvedere ai richiesti adempimenti entro i successivi sessanta giorni.
Le spese della presente procedura ben possono essere integralmente compensate, attesane la novità e l’esistenza di obiettive incertezze giurisprudenziali sulla stessa.
DISPONE
Che, in accoglimento del proposto ricorso sia data ottemperanza alla sentenza n. 9840/2015 di questa CTR come segue: l’Agenzia delle Entrata di Salerno provveda a sgravare il ruolo da cui scaturita la cartella di pagamento n. 1002009XXX e l’agente della riscossione provveda conseguentemente alla restituzione alla “P. A. e T. s.p. a. “della somma di € 99.286,90 oltre accessori di legge, pagata in vigenza di efficacia della predetta cartella. L’intera procedura di rimborso dovrà avere termine entro il 31.3.2018.
Elasso inutilmente tale termine, nomina sin d’ora commissario ad acta per curare i disposti adempimenti il direttore p. t. dell’Agenzia delle Entrate di Salerno che dovrà provvedere ai richiesti adempimenti entro i successivi sessanta giorni.
Spese integralmente compensate.